La displasia dell’anca: cos’è, cause e diagnosi

Prima di imbatterci nell’insidiosa articolazione dell’anca occorre sapere che significa dys-plas(is). Termine che deriva dal greco dys anormale e plasis significa formazione o sviluppo.

Letteralmente, perciò, quando parliamo di displasia dell’anca ci riferiamo ad anormale sviluppo dell’articolazione dell’anca.

E’ una patologia comune dei cani di taglia medio grande, una patologia dello sviluppo scheletrico, che si palesa in accrescimento, multifattoriale, ereditaria non congenita, caratterizzata da instabilità articolare con sub-lussazione o lussazione della testa del femore e sviluppo precoce di lesioni artrosiche.

Dunque un cane affetto da displasia dell’anca avrà la testa del femore e l’acetabolo che non si inseriranno armoniosamente tra loro, poiché l’acetabolo è appiattito e la testa non è tenuta saldamente in posizione. Questo rende l’articolazione assai instabile e con il passare del tempo il continuo movimento dei due capi articolari alterati provoca la formazione di nuove proliferazioni ossee che daranno luogo al fenomeno degenerativo dell’artrite.
Fattori critici che influenzano l’incidenza della malattia sono l’altezza, il peso, lo sviluppo delle masse muscolari e il ritmo di crescita.

L’articolazione dell’anca è costituita dalla testa femorale, sferica, dall’acetabolo a forma di cupola che accoglie la testa del femore e da una capsula fibrosa che racchiude l’articolazione all’interno della quale è presente un liquido di lubrificazione (liquido sinoviale). Le ossa sono rivestite di cartilagine liscia in modo che i movimenti siano fluidi anche grazie al liquido sinoviale. La testa del femore è fatta a sfera per adattarsi bene all’interno della cavità dell’acetabolo.

La crescita dei due capi articolari è sincrona al fine di garantire in ogni momento la congruità tra le due superfici.

Alla nascita, le articolazioni di cani che diverranno displasici, sono normali dal punto di vista strutturale e funzionale, ciò che influenzerà la comparsa della patologia sarà un qualsiasi squilibrio di lubrificazione, di congruenza o di natura bio-meccanica.

Il momento più critico per lo sviluppo e stabilità dell’articolazione sono i primi 60 giorni in virtù del fatto che le ossa, i muscoli e i nervi sono immaturi, formati da tessuti deformabili dunque poco resistenti alle sollecitazioni meccaniche.

Se si esercitano eccessivi stress sull’articolazione dell’anca in accrescimento, soprattutto in questi primi giorni, si innescheranno delle reazioni che esiteranno in displasie clinicamente evidenti.

Studi su questa patologia hanno evidenziato 3 fattori che giocano un ruolo chiave nel rimodellamento postnatale:

  • fattori genetici
  • forze meccaniche
  • turn-over del tessuto osseo cartilagineo.

 

Non vi è un singolo gene che trasmette il carattere displasico ma è una trasmissione poligenica. Sono implicati centinaia di geni e ciascuno contribuisce in diversa misura.

Dunque più il corredo genetico è ricco di tali geni più ci saranno possibilità che il soggetto paleserà la displasia. D’altra parte non tutti i soggetti con genotipo alterato esprimeranno la malattia, questo dipenderà da come i fattori ambientali incideranno sull’articolazione

e come le forze meccaniche che quotidianamente agiscono sull’anca influenzeranno la sua crescita e il suo modellamento.

Genetica e ambiente si sovrappongono e si rincorrono nel complesso sistema che determina l’espressione della malattia.

 

Un altro fattore da considerare è la rapidità di crescita. Le razze o i soggetti caratterizzati o spinti ad un incremento ponderale eccessivo e dunque del peso sono particolarmente predisposti allo sviluppo della patologia.

Un eccesso di energia nella dieta di un cane immaturo si tradurrà in incremento della crescita scheletrica e del peso corporeo e questo inciderà nell’espressione della displasia, di contro si è visto che cani con pool genetico displasico alimentati con diete a ridotto apporto calorico durante l’accrescimento hanno minor rischio percentuale di palesare la malattia. I primi 6 mesi di vita sono critici in tal senso.

 

Apporto di sali alimentari

 

Studi hanno dimostrato come un eccesso di calcio nella dieta è in grado di aumentare l’espressione clinica della malattia. Un incremento di calcio nella dieta rompe l’equilibrio ormonale responsabile del normale metabolismo a carico del tessuto osseo.

Attenzione, dunque, il livello totale di Calcio è un importantissimo fattore nell’insorgenza della malattia scheletrica.

 

Classificazione FCI della displasia dell’anca

 

Grado A: nessun segno di displasia dell’anca (HD 0 / HD -)

La testa del femore e l’acetabolo sono congruenti. Il bordo craniolaterale appare netto e leggermente arrotondato. Lo spazio articolare risulta netto ed uniforme. L’angolo acetabolare secondo Norberg* è di circa 105° o superiore. Quando inoltre il bordo craniolaterale circonda leggermente la testa del femore in direzione laterocaudale, la conformazione articolare viene definita “eccellente” (A1).

 

Grado B: articolazione dell’anca quasi normale (HD 1 / HD +/-)

 

La testa del femore e l’acetabolo appaiono leggermente incongruenti e l’angolo acetabolare secondo Norberg è di circa 105° oppure il centro della testa del femore si trova medialmente al bordo acetabolare dorsale con congruità della testa del femore e dell’acetabolo.

 

Grado C: leggera displasia dell’anca (HD 2 / HD +)

 

La testa del femore e l’acetabolo appaiono incongruenti, l’angolo acetabolare secondo Norberg è di circa 100° e/o il bordo craniolaterale risulta appiattito. Possono essere presenti irregolarità o segni minori di modificazioni osteoartrosiche a carico del margine acetabolare craniale, caudale o dorsale o della testa e del collo del femore.

 

Grado D: media displasia dell’anca (HD 3 / HD ++)

 

Incongruità evidente tra la testa del femore e l’acetabolo con sublussazione. L’angolo acetabolare secondo Norberg è superiore a 90°. Saranno presenti un appiattimento del bordo craniolaterale e/o segni di osteoartrosi.

 

Grado E: grave displasia dell’anca (HD 4 / HD +++)

 

Sono presenti modificazioni marcate di tipo displastico delle anche, come lussazione o sublussazione distinta, un angolo acetabolare secondo Norberg inferiore a 90°, un evidente appiattimento del margine acetabolare craniale e deformazione della testa del femore (a forma di fungo o appiattita) o la presenza di altri segni di osteoartrosi.

 

LA LEISHMANIA: prevenzione e protezione

Se non si può guarire allora è utile prevenire!

Quando si parla di prevenzione alla leishmania si è rivolti unicamente alla lotta del vettore ossia del flebotomo. Come già detto è un piccolo insetto simile ad una piccola zanzara con abitudini crepuscolari e notturne, presente alle nostre latitudini da aprile a novembre.

Sono le femmine ematofaghe ad essere il nostro bersaglio. Le misure di controllo sulle forme larvali così come sulle forme adulte non sono attuabili per motivi geo-economici così l’unica strada percorribile è la limitazione del contatto tra vettore e ospite mediante l’uso sostanze con principi attivi ad effetto protettivo al fine di scongiurare il contatto cane insetto. La protezione deve essere a 360° ossia devono essere protetti sia i cani malati in quanto serbatoio di malattia, i cani clinicamente guariti dopo la terapia in quanto continuano ad essere infettanti e i cani sani.

 

Protezione meccanica

Gli animali infetti, malati e sani devono essere rinchiusi in rifugi dove alle porte e finestre sono apposte zanzariere a maglia strettissima (1.2 mm)

Protezione chimica

I piretroidi sintetici (es. deltametrina) sono provati esser efficaci sui flebotomi e alcuni prodotti veterinari contro gli ectoparassiti (zecche, pidocchi, pulci) che possiedono questo principio attivo sono efficaci dunque a prevenire la puntura dei flebotomi.

Attenti studi di laboratorio hanno valutato l’efficacia anti flebotomo di alcune formulazioni a base di piretroidi sui cani e hanno rilevato che l’effetto protettico no-feeding varia tra il 50% e il 96% mentre l’effetto tossico sui flebotomi varia da 18% a 90% mentre la mortalità delle femmine dopo il pasto di sangue è sempre 100%. Quest’ultimo valore è importantissimo perchè se tutti i cani infetti o malati venissero trattati con questi prodotti la trasmissione del parassita leishmania potrebbe essere controllata dato che nessuno dei flebotomi che punge questi soggetti sopravvive.

Dalla letteratura scientifica emerge che permetrina da sola o in associazione con imidacloprid (spot-on) e deltametrina, somministrata attraverso collare a lento rilascio sono le specialità sulle quali è stata condotta una sperimentazione ampia e accurata, sia di laboratorio che di campo, e per le quali sussiste evidenza di una elevata efficacia nel prevenire le punture dei flebotomi.

 

 

Fonti prelevate da “Gruppo di studio sulla leishmania”